Il compositore e liutaio Arturo Ponzetti e le sue musiche ritrovate
Il compositore e liutaio Arturo Ponzetti e le sue musiche ritrovate
Le date che circoscrivono la vita di Arturo Ponzetti (1864-1956) ci rimandano a eventi di portata planetaria con radicali sconvolgimenti e contraccolpi in ogni settore delle vicende sociali e umane. Arturo Ponzetti e i suoi familiari ne furono partecipi, eppure quello che emerge con più rilievo dai dati biografici del bisnonno Arturo è il costante, profondo, competente interesse per la musica: da fruitore anzi tutto, ma anche da compositore, da esecutore e da abilissimo liutaio, con tutti i segreti del mestiere, come si evince dall’articolata e ben documentata (grazie anche alle ricerche in loco di Ettore Blaresin del gruppo “Ande, Cante e Bali”) monografia curata dal pronipote, Ing. Lucio Tripiciano, vero artefice di questa serata e conduttore, al quale va la gratitudine della Fondazione e mia personale. Egli ha colto, proponendo la prima esecuzione delle riscoperte musiche del comune bisnonno, il vero scopo del museo Ribezzi-Petrosillo che alla ricerca e alla rivisitazione di antichi documenti dedica il suo fine prioritario. Vittoria Ribezzi
Lucio Maria Tripiciano
Il tempo, la vita, la musica di Arturo Ponzetti
La storia di questa serata inizia circa un anno fa, quando, dando spazio a una curiosità da sempre latente, ma crescente con gli anni (i miei), sono tornato a sfogliare alcuni spartiti che avevo salvato dalla distruzione dopo la scomparsa di mia nonna Jole, affittuaria per oltre 50 anni di mezza villetta dello IACP di Milano.
Avevo trovato, in un armadio in soffitta, spartiti musicali per un peso enorme, di almeno 150 kg, tutti autografi, apparentemente tutti di mano del padre di mia nonna Jole, per pianoforte solo o con violini e/o violoncelli. Tutti gli spartiti erano firmati, come autore o riduttore, dal mio bisnonno Arturo Ponzetti, mancato il 24 dicembre 1956.
In quell’occasione, eravamo nel 1981, le mie possibilità di ospitare spartiti musicali nel mio piccolo appartamento erano scarsissime e né mia madre Mariella, né i miei zii Anna-Eva e Giorgio erano disposti a farsi carico di tanta carta.
Sfogliando rapidamente gli spartiti ritrovati cercai di recuperare gli eventuali brani originali di cui il bisnonno Arturo fosse stato autore o inediti che potessero ricondurre a una sua cerchia di amici musicisti, ma non sono affatto sicuro di aver fatto un lavoro soddisfacente.
Mi ritrovai comunque ad aver salvato una dozzina di spartiti, di cui il mio bisnonno era l’autore, più alcuni brani, autografi o con dedica, di musicisti allora forse noti, ma oggi dimenticati dai più. Tra gli altri elaborati ritrovai una polka firmata da Giselda Ponzetti, persona di cui nulla sapevo, fino a pochi mesi fa.
Tutto questo era rimasto chiuso in alcuni raccoglitori per circa trent’anni, poi insorsero la consapevolezza del tempo che passava e della inevitabile futura dispersione degli spartiti, se non avessi fatto nulla per farli rivivere.
Ripresi tra le mani perciò, con sentimenti propositivi, la raccolta musicale fino allora negletta, ed ebbi la sorpresa di trovare tra gli altri lo spartito inedito e autografo di un brano titolato “Confidenze” dedicato a mia madre Mariella dall’Autore, Antonio Cornoldi.
Il nome dell’autore mi era noto, citato da mia madre fra le care conoscenze giovanili e collegavo, chissà come, il nome di Antonio Cornoldi a una attività di Editore: forse si trattava di qualcuno che era intervenuto in qualche modo nella edizione dei piccoli volumi pubblicati da mia nonna in gioventù su Fogazzaro o Fusinato?
Navigando su internet scoprii che Antonio Cornoldi era un musicista, nato nel 1902 a Fratta Polesine, presso i luoghi della famiglia del mio bisnonno, che studiò musica, pianoforte e violino a Roma negli anni in cui Arturo Ponzetti era residente nella Capitale, fu autore di brani musicali ispirati alla musica popolare, poi professore di musica, ma soprattutto fu il primo etnomusicologo italiano a organizzare in modo razionale le ballate, i canti amorosi e i balli, in particolare del Veneto e della bassa polesana.
Il chitarrista Giovanni Murtula (Sassari 1881 - Fratta Polesine 1964), alto dirigente compartimentale delle Ferrovie italiane, già nel 1938, in occasione della nascita del figlio Riccardo Cornoldi, aveva dedicato al padre Antonio una suite, oggi tra le sue opere più apprezzate.
La dedica all’amico musicista era legata alla importanza degli studi che già da anni Antonio Cornoldi portava avanti nel campo della musica popolare e dell’etnologia; negli anni ’50 aveva pubblicato alcuni volumetti di canti popolari e di montagna da lui recuperati attraverso interviste e registrazioni.
Scoprii anche che Antonio Cornoldi nel 1962 aveva pubblicato “Ande, bali e cante del Veneto” e in seguito aveva proseguito nei suoi studi etnologici ed etnomusicali, con altre pubblicazioni di avanguardia e innovative della materia.
Trovai su internet il sito di un gruppo musicale di danza e musica popolare in provincia di Rovigo, che ripropone danze e canti tradizionali regionali, in particolare veneti e polesani ispirandosi all’opera di Antonio Cornoldi, prendendo il nome dalla sua opera principale “Ande canti e bale”
Dal sollecito contatto con il gruppo, in particolare con Franco Bettinelli e Ettore Blaresin, nacque uno scambio di informazioni in cui, mentre la figura di Antonio Cornoldi diveniva per me un po’ più completa, i miei nuovi amici apprendevano la esistenza di una presenza musicale finora ignota, nell’ambito della provincia di Rovigo.
Tramite un contatto con il Dott. Riccardo Cornoldi, fu ritrovato un secondo spartito autografo di Antonio Cornoldi, di cui il figlio ha fatto omaggio a me e al gruppo intitolato al padre.
Con i miei cugini Arturo Petrosillo, anch’egli pronipote di Arturo Ponzetti, e Vittoria Ribezzi Petrosillo, moglie di Vittorio (purtroppo mancato da qualche anno) maturammo l’idea di realizzare una registrazione dei brani ritrovati, per utilizzarla fra noi pronipoti, arrivando poi alla decisione di affidare gli spartiti alla Casa-Museo Ribezzi-Petrosillo e al gruppo “Ande, Canti e Bale” per eventuali iniziative.
La mia sorpresa fu di scoprire, oltre all’adesione entusiasta sia di Vittoria e della sua Fondazione, sia del gruppo di musica popolare, che esistono due possibili interpretazioni dei brani musicali proposti: oltre alla versione cameristica delle canzoni di Arturo Ponzetti e del suo gruppo di “amici musicali” emergerebbe una radicazione, dei temi e delle assonanze, nella tradizione della musica popolare veneta, in particolare polesana, che affascinava i miei nuovi amici di Rovigo, anzi di S. Martino di Venezze.
Per superare le difficoltà connesse a ricerche dopo così tanto tempo dalla scomparsa del protagonista ci mobilitammo Ettore Blaresin, con ricerche in loco presso Enti e Istituzioni, e il sottoscritto, con ricerche via internet verso gli stessi e altri interlocutori.
A parte tutto il lavoro di collegamento e di ricostruzione della biografia, il problema più importante era definire la struttura della manifestazione musicale in cui eseguire i brani che avremmo prescelto fra quelli ritrovati.
Dopo una pausa di riflessione, abbiamo convenuto che il miglior risultato sarebbe stato ottenuto con la realizzazione di due iniziative distinte, per collocazione geografica e per carattere: il concerto strumentale e vocale di stasera, dedicato alle canzoni e romanze da camera, come si usava agli inizi del secolo scorso nelle famiglie amanti della musica e nella linea in cui presumibilmente erano state eseguite dal bisnonno e dai suoi amici, seguito da una prossima manifestazione, in cui la esecuzione dei brani più rilevanti per il contenuto popolare sarà accompagnata dalle danze dei componenti del Gruppo Ande Canti e Bale.
Le due manifestazioni non sono da noi intese come eventi distinti, perché resta nell’ambizione e negli auspici di tutti noi il desiderio di riunire in una unica pubblicazione, patrocinata dalla Casa Museo Ribezzi-Petrosillo e dalla Fondazione Minelliana di Rovigo (che ha all’attivo numerose pubblicazioni sulla etnomusicologia veneta, oltre alla riedizione delle opere di Antonio Cornoldi), in cui entrambe le registrazioni possano trovare una ospitalità reciprocamente vivacizzante.
L’Ottocento fu il secolo dei grandi scontri, in Italia e in Europa, fra coalizioni di Stati, in Italia fra Piemonte, poi Regno d’Italia, e Impero Austroungarico, fra Stato Italiano e Chiesa, fra transigenti e intransigenti, fra clericali e anticlericali, fra cattolici liberali e papalini. Di questo clima di battaglia ideologica la storiografia si è occupata ampiamente, indagandone tutti i possibili risvolti.
La famiglia Ponzetto (non è un mio errore di stampa) ai primi dell’800, viveva a Rovigo, sotto la Diocesi di Adria, che dal 1818 si può sovrapporre all’attuale Provincia di Rovigo, rimanendo per tutto il 1800 una zona marginale, stretta tra i due grandi fiumi, Adige e Po, non ancora regimentati, con frequenti alluvioni.
Restando negli accadimenti che coinvolsero direttamente la vita di Arturo Ponzetto annotiamo che, sia in Rovigo sia in Adria, vennero aperti, subito dopo la riunione all’Italia, istituti filarmonici per l'insegnamento musicale, tra cui l’Istituto Filarmonico di Rovigo, giusto in tempo per consentire al giovane Arturo di conseguire, nel 1879, il diploma triennale in violino.
In Rovigo visse la famiglia Ponzetto, per quanto a nostra conoscenza, fin dal ‘700 quando da Giuseppe Ponzetto, mediatore, e Maria Marini nasceva (20.10.1790) Andrea, che divenne mediatore anch’egli, si sposò nel 1819 con Brigida Piva (n. 1801) ed ebbe più figli, tra cui Antonio (n. 1831) e Francesco (n. 1829), oltre a Carlotta, morta nel 1868.
Il secondogenito Francesco sarebbe poi diventato il padre di Arturo.
Da una coppia di ritratti a olio di Francesco e Virginia Ascari rimasti nella nostra famiglia e collocabili, dall’aspetto degli abiti e dei personaggi ritratti, poco prima del 1860, si affaccia un bel giovane sorridente, elegante e spigliato con a fronte una signora compunta, compresa del proprio ruolo (Virginia era maestra comunale) e ingioiellata con discrezione come conveniva a una piccola borghese dell’epoca.
Di qualche anno successivo è l’immagine di famiglia, stavolta fotografica, in cui compaiono Virginia con la mamma Maria Sassetti, Ercole (1862), Arturo (1864) ed Ermanno (1865). Non è ritratta, perché non ancora nata, la figlia più giovane, Giselda (1875).
Da una fonte letteraria del 1922 si apprende che dopo il diploma Arturo studiò ancora con un certo M. Rubini. A vent’anni compì una tournée all’estero, ma lasciò la carriera musicale per presentarsi al servizio militare e poi entrare nell’Amministrazione dello Stato.
Una faticosa ricerca presso l’Archivio di Stato a Rovigo, poi a Roma e infine a Padova ha permesso di appurare che Arturo Ponzetto , dopo pochi giorni di “naja”, venne posto in licenza illimitata, in attesa della nomina a Ufficiale dei Bersaglieri, cosa poi avvenuta nell’agosto 1886, con assegnazione al 9^ Reggimento Bersaglieri.
Pare che nell’Archivio centrale di Stato, a Roma, dove dovrebbero essere conservati tutti i fascicoli degli Ufficiali dell’Esercito italiano, ci siano stati degli episodi di smarrimento, per cui a oggi non siamo ancora riusciti a definire come e quando si sia svolto il servizio militare di leva di Arturo e se veramente in seguito, come affermato da mia nonna e da mia madre Mariella, durante la prima guerra mondiale, Arturo sia stato richiamato nel Genio Telegrafisti.
Da fonte documentale si apprende che “fece riduzioni e trascrizioni (per terzetto e quartetto) di classici e operettisti (opere inedite). Abile accordatore, oltre che il violino, suona la viola e il violoncello”.
Fin da giovane riparò violini e violoncelli e ne costruì egli stesso, ispirandosi al tipo Stradivario: in una rassegna di liutai viene dato come operante in Roma nei primi anni del ‘900 (1910).
E’ di qualche anno prima la realizzazione di un violino che, casualmente, ho scoperto essere stato venduto nel 2009 a Londra in una vendita all’asta. L’etichetta inserita all’interno riportava “Arturo Ponzetti fecit - Rovigo 1897”.
La coppia Arturo Ponzetto - Ida Voghera trasferì la sua residenza in Roma con annotazione da parte del Comune di Roma del 19 settembre 1888.
Il nome della primogenita Nella Erminia fu evidentemente arricchito della citazione della zia Erminia Fuà Fusinato, sorella della mamma (Elvira) di Ida.
Il 3 novembre 1889 nacque a Roma la secondogenita di Arturo e Ida, Jole Noemi Giselda, mia nonna, nome composto in omaggio alla zia materna Noemi e alla zia Giselda, sorella di Arturo.
Di Giselda resta una sola immagine, con il nome sul retro, ritagliata da una fotografia più grande, in cui si vede una signora elegante e sorridente, e una manina di una fanciulla di cui nulla sappiamo, appoggiata al suo braccio (forse un’allieva di musica?). Giselda infatti suonava forse il violino, ma sicuramente il pianoforte, con una certa abilità e studio, visto che ci ha lasciato una polka autografa, il cui spartito si è fortunatamente salvato dalla distruzione. Di lei sappiamo che restò in famiglia fino al 1° settembre 1907, quando si sposò con il dott. Giacomo Coen, e che si trasferì a Roma il 12 marzo 1908.
Quando Arturo trasferì la sua residenza nel settembre 1888 a Roma era evidentemente già dipendente della Amministrazione delle Poste e dei Telegrafi: il passo venne compiuto forse proprio in previsione dell’istituzione del Ministero delle Poste e dei Telegrafi, del 10 marzo 1889 (prima del Ministero esisteva una Direzione Generale delle Poste e Telegrafi, dipendente dal Ministero dei Lavori Pubblici).
Nonostante il trasferimento a Roma Arturo conservò forti interessi familiari in Rovigo, come emerge dal certificato di cresima delle due prime figlie, Nella e Jole, del 15.8.1902, nella parrocchia di S. Francesco e S. Giustina.
Se necessaria, abbiamo un’altra testimonianza indiretta dell’interesse di Arturo per la famiglia di origine e per la sua città, attraverso la notizia di un’asta tenutasi a New York, in cui compare nel catalogo vendite Bromptons per il giorno 14 dicembre 2009 un violino autografato “Arturo Ponzetti, anno 1898 in Rovigo”, a dieci anni dal trasferimento a Roma.
Tre anni dopo il Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio pubblicava l’attestazione del certificato di brevetto rilasciato tra luglio e agosto di quell’anno ad Arturo Ponzetti di Francesco per un “collare a chiusura automatica di sicurezza per sacchi contenenti valori, con macchinetta per comprimere i piombi”, ma non passarono molti anni che il 18.1.1898 Arturo presentava una richiesta di perfezionamento del brevetto registrato, con “piombo a chiodo e pressa per comprimere i piombi”.
Con impressionante tempismo, nello stesso giorno sappiamo da un giornale quotidiano che “il 29.06.1900 il Ministro Pascolato ha nominato suo capo di Gabinetto il Comm. Michelangelo Pagai e segretario particolare il Cav. Sentinel, chiamando inoltre al Gabinetto il vice ispettore telegrafico Ettore Codolin e i vicesegretari Arturo Ponzetti di Rovigo e Ugo Manfrò di Badia Polesine”.
Solo un anno dopo, Arturo Ponzetti divenne Cavaliere del Regno, con decreto “motu proprio” su indicazione del Ministro delle Poste e dei Telegrafi.
Il 21 giugno 1902 l’inarrestabile cultore dei sacchi speciali presentava una terza domanda di brevetto per una chiusura con perfezionamento dei collari meccanici di sicurezza per la chiusura dei sacchi postali, piombo a chiodo e pressa a comprimere i piombi; seguì una promozione (1.7.1903) a “segretario” con stipendio di 3.000 L/anno, poi passato dal 1°.7.1907 allo stipendio di 3.500 L/anno.
Nel frattempo, risulta che Arturo era diventato Segretario Particolare del Sottosegretario di Stato Michele Bertetti dal 1906, confermando che anche allora i funzionari duravano più dei politici.
Negli anni 1908 e 1908-9 frequentò il corso biennale e conseguì il diploma superiore biennale presso la Regia Scuola Superiore Postale Telegrafica Telefonica, “avendo superato tutti gli esami prescritti”.
Subito dopo venne la nomina a Cavaliere Ufficiale del Regno, mentre risultava già essere stato promosso, non sappiamo quando, a Primo Segretario.
Non sappiamo quando avvenne la nomina a Commendatore del Regno, annotata sulla tessera Ministeriale, mentre sappiamo che quando, il 1°.1.1910, venne promosso allo stipendio di 4.000 L/anno (Cav. Uffiziale Arturo Ponzetti ..), non era ancora Commendatore.
Null’altro ci risulta della vita ministeriale di Arturo Ponzetti, salvo che in data 12.6.1922 era sicuramente già stato collocato a riposo, in quanto si trasferì in Milano, Via Anzani 2, insieme alla moglie Ida, tornando al vecchio cognome Ponzetti ...
Tra le figure che arricchivano la vita musicale di Arturo Ponzetti annotiamo Gennaro Napoli, chansonnier e cantautore ante litteram, molto ricercato all’epoca, che frequentava la famiglia Ponzetti, dedicava spartiti a Jole e probabilmente era amico e frequentatore di Evan Gorga, di cui avremo modo di parlare fra poco.
Gennaro Napoli nacque a Napoli nel 1881, dove studiò musica con Camillo De Nardis (armonia) e Nicola d’Arienzo (composizione) diplomandosi nel 1913. Una sua composizione, “In Montagna”, suite in quattro tempi, venne eseguita nel 1906, sotto la sua direzione, all’Accademia di S. Cecilia. E’ probabile che sia stata quella l’occasione per stringere i rapporti amicali e familiari successivi con Arturo Ponzetti.
Nel 1906 il bisnonno aveva avuto un ulteriore riconoscimento economico ministeriale, ma riteniamo che la maggior gratificazione legata a quell’anno 1906 sia stato il successo che conseguì nella celebrazione Interministeriale di fine anno, con il concerto a cui partecipò da protagonista (Ponzetti Arturo, segretario, meritò larghi applausi …), come certificato nel “Chi è” del 1907.
Ricordiamo ancora la citazione di J. Dilworth in cui Arturo Ponzetti risultava operante in Roma come liutaio nel 1910: analoghe notazioni si trovano su altre pubblicazioni.
Come abbiamo iniziato a intravedere, negli anni romani Arturo ebbe modo di conoscere molti musicisti, dilettanti e professionisti, con cui ebbe occasione di scambiare esperienze, prodursi in concerti celebrati in famiglia o in una cerchia di amici musicisti dilettanti e professionisti, con le relative famiglie.
Fra questi ricordiamo Tito Gorga, nipote del tenore Evan Gorga (che non risulta avere avuto discendenti diretti) che, pur non essendo passato agli annuari, compose brani pregevoli, di cui uno verrà eseguito nell’ambito della manifestazione della Casa- Museo. Altri amici, partecipi delle serate musicali, furono Giacomo Costanzo (una sua lirica fu musicata da Arturo Ponzetti), Achille del Nero, Giselda Ponzetti, A. Simonetti, F.Meranghini, A. Annoni e Gennaro Napoli.
Anche Antonio Cornoldi, di poco più giovane di A. Annoni e, all’epoca, studente presso l’Accademia di S. Cecilia dovette frequentare casa Ponzetti negli anni subito successivi alla Grande Guerra.
La frequentazione forse più gratificante per Arturo Ponzetti era tuttavia quella di Evan Gorga, di cui ora parleremo.
Si tratta di un personaggio oggi poco noto, ma importantissimo sul piano musicale, vissuto a Roma dagli ultimi anni dell’800.
Il giovane Evan Gorga prese lezioni di canto dal maestro Franceschetti e pare che per una felice coincidenza avrebbe debuttato nell'”Ernani” di Giuseppe Verdi sostituendo l'amico tenore Francesco Tamagno, in quel momento all'apice del successo: un particolare riferito dallo stesso Gorga nei suoi appunti privati che, tuttavia, non ha trovato conferma oggettiva.
Quel che è certo, invece, è che Evan Gorga cantò al Teatro Comunale di Cagliari la “Mignon” di Ambroise Thomas il 1º gennaio 1895 e poi la “Manon” di Jules Massenet e “L'amico Fritz” di Pietro Mascagni, andate in scena nei mesi di gennaio e febbraio 1895.
Il 28 settembre dello stesso anno Gorga partecipò alla rappresentazione dell'opera verdiana “I Lombardi alla prima crociata”, al Teatro Costanzi di Roma.
Dopo una audizione, Giulio Ricordi lo scritturò per vestire i panni di Rodolfo, nella prima rappresentazione de “La Bohème” di Puccini, che si tenne nel Teatro Regio di Torino il 1º febbraio 1896, poi fu protagonista, al Teatro Politeama di Genova, dal 3 ottobre 1896, ne “I Lombardi alla prima crociata” e, successivamente, nel “Mefistofele” di Arrigo Boito.
Nel 1897, invece, partecipò alla messa in scena al Teatro La Fenice di Venezia de “La Bohème” di Ruggero Leoncavallo, e seguirono altre recite ne “La Bohème” di Puccini a Genova e una rappresentazione del “Mefistofele” al Teatro Piccinni di Bari.
Con una brillantissima rappresentazione de “La Bohème” al Teatro Drammatico di Verona, nel gennaio del 1899, Evan Gorga si congedò, misteriosamente, dal palcoscenico per non entrarvi più.
Nel 1911, in occasione delle manifestazioni del Cinquantennale dell’Unità d’Italia, Evan Gorga espose la sua nascente collezione di strumenti musicali nelle stanze di Castel Sant’Angelo, ammesso che “nascente” possa definirsi un lotto di mille pezzi.
Con il tempo la collezione s’ingrandì ed Evan Gorga dovette affittare dieci appartamenti comunicanti in Via Cola di Rienzo, fondando, in pratica, il Museo Storico Musicale, una sorta di collezione privata visitabile da esperti e appassionati e tra essi annotiamo la assidua presenza del nostro Arturo Ponzetti, forse introdotto in modo particolare dall’amico Tito Gorga.
Della attività di violinista e, forse, di insegnante di musica in Roma Arturo Ponzetti ha lasciato tracce quasi invisibili: sappiamo che fece parte in qualche modo e partecipò a concerti con l’orchestra di S. Cecilia in Roma, sappiamo che in gioventù, durante gli anni romani, Antonio Cornoldi dedicò un brano a Mariella Voghera, siamo in possesso dello spartito originale autografo che A. Annoni dedicò a Jole Ponzetti Voghera nel 1915 (sua prima composizione): “A. Annoni 1915 novembre compito d’armonia 1^ composizione”, e perciò abbiamo un indizio di una qualche attività didattica, ma ulteriori ricerche, nell’archivio sull’organico dei componenti dell’Orchestra, presso il Conservatorio e l’Accademia non hanno dato risultati positivi, come se la presenza nei ruoli non fosse stata di carattere organico. Secondo me la cosa si giustifica con il fatto che Arturo Ponzetti era dipendente dello Stato e non avrebbe potuto avere un incarico permanente da terzi.
Dell’accesso di Arturo Ponzetti alla collezione di violini storici e alla biblioteca del munifico Evan, resta in mia mano un quadernetto con una serie lunghissima di nomi di violinisti, liutai, con appunti inseriti tra le pagine, sui bordi dei vari foglietti volanti, con ricette di vernici, trattamento del legno, scelta delle essenze da usare per le varie parti dello strumento, ma soprattutto una serie di meticolosi disegni e schizzi a china su carta pergamena o paglierina. Su un modulo ministeriale datato 1910 Arturo Ponzetti riportava una delle tante ricette per vernici (questa per i pezzi più massicci del violino), segno della sua attività di liutaio sempre in corso.
L’attività di liutaio dilettante di Arturo Ponzetti si prolungò fino a tutti gli anni ’30, a Milano, fatto confermato da un violino (mezzo violino, dal formato ridotto) datato 1938 e firmato “Arturo Ponzetti Rodigino fecit” che è tuttora in mio possesso, anche se da restaurare, mentre un documento intestato risalente agli anni ‘30 circa riporta la dicitura: “Arturo Ponzetti s.n.c. – via Anzani 2 – Milano (33)”, segno di una qualche attività economica collegata sicuramente al suo amore per la liuteria.
La residenza di Arturo e Ida Ponzetti si spostò il 2 settembre 1935 in Via Andrea del Sarto 28, a fianco della casa di sua figlia Jole, dove rimase fino alla morte. Nell’ultima annotazione anagrafica il Comune di Milano pensò bene di riprendere l’antico cognome “Ponzetto”, quasi a concludere il ciclo della vita di Arturo.
Restano al momento ancora oscuri i trascorsi da ufficiale, dopo la sua assegnazione quale tenente di complemento al 9^ Reggimento Bersaglieri: come abbiamo già detto a noi pronipoti in famiglia si narrava che era stato richiamato in occasione della prima guerra mondiale, ma le richieste di indagini presso l’archivio degli stati di servizio hanno avuto finora risposta solo interlocutoria.
Probabilmente, se ci fu un cambio di arma (da bersagliere a genio comunicazioni), sarebbe effettivamente molto difficile ricostruire qualcosa a distanza di un secolo.
Tutto questo alla fine non ha grandissima importanza, in quanto la attività e l’impegno di Arturo Ponzetti, anche solo con i pochi documenti ritrovati, l’amore per la famiglia d’origine, per il suo territorio culturale, la costanza degli affetti personali sono sufficientemente documentati nelle carte e nei ricordi di noi pronipoti anziani.
Restano i ricordi personali e qualche oggetto, come la cartelletta di legno per le classi elementari, completa di astuccio per le penne, realizzata da Arturo per Jole e poi usata anche da mia madre Mariella.
Quando l’ho conosciuto viveva già in Via Andrea del Sarto, angolo Via Privata Apollodoro, in una mezza villetta, a divisione verticale, dello IACP.
La via privata separava la sua casa dall’altra mezza villetta in cui viveva nonna Jole: la casa di nonno Arturo era composta di una sala da pranzo, con cucina non abitabile, al piano rialzato, una cantina, due stanze da letto e un bagno al piano superiore, ma soprattutto un giardinetto con un albicocco di chissà quanti anni d’età, un albero gigante, nei miei ricordi alto quanto e più della casa, con albicocche meravigliose ed enormi, oltre a un bersò coperto di edera per le merende e le letture pomeridiane.
Nonno Arturo era nato nel 1864. Improvvisamente nel 1944 piombammo, sfollati, genitori Mariella e Guido, figli Lucio e Mauro, con Franca, la “domestica”, che allora si usava tenere in famiglia come elemento organico del nucleo, anche se non la si chiamava colf, ma la si trattava come persona di famiglia. In quel momento Nonno Arturo era appena tornato da Soriano del Cimino, dove nonna Ida era mancata in febbraio, mentre Lei e il Nonno si trovavano presso la figlia Nella, sposatasi con un Ingegnere del posto.
Il Nonno, che viveva con la fida Lina, la governante, dopo la morte di Nonna Ida, ci accolse tutti in casa (giuro che non so come ci sistemò, tra cantina e sala da pranzo, ma forse nonna Jole gli diede una mano con la sua mezza villetta).
Dopo tre mesi comparvero Zia Jole, sorella di mio padre, con Enrico (marito) e i figli Ornella (Ninni), Gianfranco (Nanni), Sandro e Mario, anch’essi sfollati da Pesaro insieme con uno sciame di pidocchi famelici che subito si dedicarono alle nuove risorse alimentari costituite dai precedenti inquilini legittimi delle villette.
Prima di eliminare gli insetti indesiderati passarono alcune settimane, giusto tutto il tempo necessario a far trovare agli zii e ai cugini una sistemazione più opportuna, e in tutto quel periodo la situazione fu terribile, ma Nonno Arturo non si lamentò mai per le sue abitudini sconvolte.
Era anche un uomo eccezionalmente ricco di risorse, escludendo quelle economiche: troppo retto e onesto, anche secondo i canoni dell’epoca, aveva fatto miracoli di equilibrismo economico per allevare adeguatamente quattro figlie (Nella, Jole, Pia ed Emma). Poiché il costo dell’educazione e delle comodità che egli desiderava per le sue figliole era più elevato di quanto permettesse il suo stipendio ministeriale, sopperiva con le sue attività musicali, ma anche aveva imparato a fare il calzolaio (e faceva le scarpe della famiglia), il sarto (e cuciva i vestiti delle figlie), l’artigiano (riparava i mobili di casa, i guasti degli impianti, curava il giardino, aiutava, prima che arrivasse la Lina, nelle faccende di casa) ed era vicino alle figlie nello studio. Fino a età avanzata continuò nella sua attività di liutaio dilettante ma stimato (nel 1938, anno di datazione del mio violino, aveva 74 anni).
Gli studi sulle vernici e sui legni che riempiono pagine e pagine mostrano disegni di progetto derivati da esemplari dei grandi liutai del passato e riadattati alla materia prima che riusciva a trovare. In tutto ciò non entrava il suo lavoro ministeriale, in cui era partito da aiutante ed era arrivato a essere Commendatore del Regno, Primo segretario e Segretario particolare del Capo di Gabinetto del Ministro. Durante la guerra (la prima guerra mondiale), secondo la tradizione familiare fu Ufficiale del Genio e fece e demolì ponti sul Piave.
Morì nel 1956, stanco di sopravvivere a tutti e di un mondo che non era più il suo: noi tutti vivevamo lontano e non gli potevamo essere di conforto né lo assillavamo più con le nostre intemperanze infantili. Nei miei ricordi visivi di Nonno Arturo, emerge ancora una sensazione di serenità e bontà che mi porto appresso ricordandolo; credo di aver perso molto non vivendo più a lungo presso di lui e gustandomi le sue storie e i suoi ricordi.
Per chi ha l’occasione di leggere i suoi manoscritti, resta l’impressione della grafia stupenda di quest’uomo eccezionale, indimenticabile, che non c’è più perché un giorno si girò nel letto, disse “lasciatemi in pace” e in tre giorni se ne andò per ritrovare la sua Ida.
VIDEO su YOUTUBE: http://youtu.be/w8MuLZi0Pys